Le conseguenze dell'abrasione dei pneumatici sull'ambiente e sulla salute non devono essere sottovalutate. Uno studio dimostra come le microplastiche possano finire nelle colture agricole. Nuovi pneumatici più ecologici potrebbero riportare la situazione sotto controllo.
Ogni anno, per ogni abitante, viene trasportato nell'aria o immesso nel ciclo idrico circa un chilogrammo di particelle di pneumatici sotto forma di microplastiche. Ciò corrisponde a quasi sei milioni di tonnellate all'anno in tutto il mondo. Una cifra estremamente elevata che solleva questioni urgenti, sia per l'ambiente e l'ecosistema in generale, sia per la salute umana. Dove si trovano queste particelle pericolose? Uno studio dell'Università di Vienna dimostra ora che l'abrasione dei pneumatici non solo entra nell'aria sotto forma di polveri sottili, come è già noto, ma anche come le sostanze chimiche dei pneumatici finiscono nei campi e infine sulle nostre tavole.
In un esperimento di laboratorio, i ricercatori austriaci hanno studiato in che misura le piante di lattuga sono in grado di assorbire le sostanze chimiche derivanti dall'usura dei pneumatici attraverso il terreno. Ciò è avvenuto non solo quando le radici delle piante sono state esposte direttamente alle sostanze rilasciate, ma anche quando il contatto con il granulato di pneumatico è stato solo indiretto. Particolarmente evidente è stato il cosiddetto chinone 6PPD, che aveva già attirato l'attenzione in passato per i suoi effetti nocivi sull'ambiente. Tuttavia, qualsiasi precursore o prodotto di trasformazione - poiché secondo lo studio anche questi possono essere dimostrati tossici - rappresenta un rischio per l'ambiente, gli animali e l'uomo.
Il risultato dello studio non è tuttavia del tutto sorprendente. Soprattutto perché l'abrasione dei pneumatici delle autovetture riguarda tutti i veicoli, indipendentemente dalla compatibilità climatica del motore, ed è da tempo considerata un impatto ambientale significativo. È proprio per questo motivo che diversi produttori del settore stanno lavorando per trovare una soluzione più sostenibile, che possa evitare un accumulo e una diffusione così massicci di microplastiche.
L'azienda statunitense di pneumatici Goodyear, ad esempio, inizierà già quest'anno la produzione di massa di pneumatici ecologici. Realizzati con componenti di origine vegetale - come olio di soia, scarti della lolla di riso e resina di pino - avranno una composizione biologica del 70%. Tuttavia, entro la fine del decennio dovranno diventare completamente ecocompatibili e non produrre particelle dannose per l'ambiente quando vengono sfregate sul manto stradale. Inoltre, anche il famoso produttore francese Michelin sta facendo notevoli progressi con le nuove tecnologie per i pneumatici. Entro il 2030, infatti, i nuovi pneumatici per auto "non sgonfi" saranno testati sui furgoni. Grazie alle strutture che assorbono gli urti, questi pneumatici dovrebbero avere non solo il vantaggio di evitare le forature, ma anche di garantire una minore abrasione e, di conseguenza, una minore quantità di microplastiche e polveri sottili.
Ma anche i politici stanno prendendo sempre più provvedimenti contro le conseguenze tossiche dell'abrasione dei pneumatici. La futura norma sulle emissioni Euro7 non si concentra più esclusivamente sulla riduzione e sul controllo dei gas di scarico dei motori, ricchi di sostanze inquinanti. Presto si terrà conto anche dell'abrasione dei pneumatici, con le relative sostanze chimiche e componenti inquinanti, nella speranza che non si infiltrino più nell'ecosistema.